Dire Natale vuol Dire Assisi
Dire Francesco a Natale vuol dire Greccio, in ricordo di quando Francesco volle festeggiare il Natale in un castello in Valle Santa alle porte di Rieti, per ricordare come Dio avesse scelto di far nascere suo figlio tra i poveri, non per malasorte ma per scelta, in mezzo alla paglia col bue e con l’asino, con i pastori e le loro spose accorsi dai monti circostanti: non necessariamente gli ultimi della terra, ma i più sinceri sì, i più veri.
Dire Francesco vuol dire Assisi, perché fu nel giardino di Assisi che Francesco piantò il suo seme, dal quale seme nacque una pianta vigorosa che crebbe tanto da essere vista in tutte le terre del mondo.
Dire Natale vuol dire Assisi, perché i fratelli di Francesco continuarono a festeggiare il Natale nelle loro chiese in tutte le città del mondo: il natale del bimbo nato povero non per necessità ma per amore.
È così che nelle storie della vita di san Francesco dipinte da Giotto alle pareti della chiesa di Assisi, l’episodio del Presepe di Greccio non ritrae Francesco in una grotta con i pastori e le pecore, ma lo ritrae all’interno di una chiesa, circondato dai suoi frati che cantano accanto all’altare dove si celebra la messa di Natale, accanto alle statue del Bambinello, di un bue e di un asino disposte sulle pietre del pavimento: è un ricordo del Presepe di Natale come era festeggiato ad Assisi quando furono eseguiti questi dipinti, quando era papa un frate francescano nell’ultimo decennio del Duecento.
Il luogo ritrae la chiesa inferiore di San Francesco come si presentava allora: l’altare protetto da un ciborio, il presbiterio diviso dalla navata grazie alla spalliera del coro. Cosa fosse dipinto sopra la tomba del santo non lo sappiamo più. È rimasto soltanto un dipinto sulla parete accanto all’altare, che fu salvato perché vi è ritratto san Francesco in piedi accanto a una Madonna in trono circondata da angeli. Cimabue, un pittore fiorentino, vi dipinse Francesco che stringe al petto un libro.
Sicuramente il libro è il Vangelo, dove si racconta la vita di Gesù di Nazareth, partendo dall’episodio della nascita avvenuta nella stalla di un villaggio alle porte di Gerusalemme. Sicuramente il personaggio è Francesco, perché soltanto Francesco aveva gli occhi buoni come il cielo e vestiva poveramente come il bambino di Bethlehem.
800 anni fa,
la notte di Natale del 1223, san Francesco a Greccio volle celebrare il Natale del Signore in una grotta. E a questo scopo fece preparare un altare per la s. messa, fece disporre il bue e l’asino e infine la mangiatoia con la paglia. Grazie alla sua coinvolgente omelia, le persone presenti rimasero così toccate da fare un’esperienza spirituale profonda: il bambino Gesù che giaceva in loro come addormentato per la loro trascuratezza, riprese vita e tornarono a fare esperienza della tenerezza di Dio nelle loro esistenze. A conferma di tutto ciò, un nobile presente, Giovanni Velita, della cittadina di Celano, che aveva aiutato Francesco nei preparativi, ebbe una visione: vide Francesco che tirava su dalla mangiatoia e abbracciava il bambino Gesù.
Da questa esperienza straordinaria è nata la devozione e la pratica del presepe, che i frati francescani nei secoli hanno diffuso in tutto il mondo. Quest’anno anche noi, qui ad Assisi, nella Basilica che custodisce i resti mortali di Francesco, da lui ispirati e per la grazia di Dio, desideriamo rivivere insieme a te la tenerezza e la bellezza dell’amore di Dio fattosi uno di noi in Gesù. tenerezza dei gesti e bellezza dell’arte andranno mano nella mano: se vuoi unirti a noi, sei il benvenuto, sei la benvenuta!
Sotto la tua protezione
cerchiamo rifugio,
santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta.
Maria Madre di Gesù
dammi il tuo cuore
tanto bello puro immacolato
pieno d’amore e umiltà
così che possa ricevere Gesù…