San Francesco d'Assisi amava la festività del Natale sopra ogni altra festa perché il Figlio di Dio, Re della Gloria, veniva nel mondo. Veniva nel mondo a portare la Pace e la Presenza del Signore.
Con il Natale il Figlio di Dio si immerge nella nostra umanità e noi ci immergiamo nella sua presenza dolce, affabile e misericordiosa.
Carissimi e carissime Buon Natale!
Dire Francesco a Natale vuol dire Greccio, in ricordo di quando Francesco volle festeggiare il Natale in un castello in Valle Santa alle porte di Rieti, per ricordare come Dio avesse scelto di far nascere suo figlio tra i poveri, non per malasorte ma per scelta, in mezzo alla paglia col bue e con l’asino, con i pastori e le loro spose accorsi dai monti circostanti: non necessariamente gli ultimi della terra, ma i più sinceri sì, i più veri.
Da questa esperienza straordinaria è nata la devozione e la pratica del presepe, che i frati francescani nei secoli hanno diffuso in tutto il mondo.
Lo studio fatto dall‘artista Filip Moroder Doss sul significato della rappresentazione della nascita di Gesù lo porta ad incontrare San Francesco che volle per primo rievocare questo momento storico che lui definì come “l’umiltà dell’incarnazione”. Un Dio onnipotente che si è fatto uomo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria ed è venuto al mondo indifeso come un bambino e povero come l’ultimo degli ultimi. È noto che, in tutte le culture religiose, la luce è un simbolo di Dio perché riesce ad esprimere nettamente due qualità specifiche del divino che i teologi chiamano la “trascendenza” e l’“immanenza”. Gesù stesso si definisce come “la luce del mondo”.
Da un lato, infatti, la luce è esterna a noi, non la possiamo prendere tra le mani e strappare o dominare, ci “trascende”, ossia ci supera, è “altra” e diversa rispetto a noi, rappresentando quindi il mistero e la distanza che intercorre tra noi e Dio. D’altro lato, però, essa ci avvolge, ci rivela, ci riscalda, ci fa vivere ed è ciò che rimane con noi e dentro di noi, raffigurando in tal modo la vicinanza della divinità alle sue creature. Ecco, allora, giustificati la sorpresa e lo sconcerto che l’affermazione di Gesù suscita: non dimentichiamo che sarà lo stesso Giovanni, nella sua Prima Lettera, a definire Dio proprio così, «luce e in lui non ci sono tenebre» (1,5).
Vivi l’esperienza nello spazio
Come scrive il cardinal Gianfranco Ravasi «Celebrare il Natale non vuol dire solo preparare un bel presepe scolpito con i suoi pastori, con i Magi in lunghe vesti e una gioia celeste soffusa su tutta la scena».
800 anni fa, la notte di Natale del 1223, san Francesco a Greccio volle celebrare il Natale del Signore in una grotta. E a questo scopo fece preparare un altare per la messa, fece disporre il bue e l’asino e infine la mangiatoia con la paglia. Grazie alla sua coinvolgente omelia, le persone presenti rimasero così toccate da fare un’esperienza spirituale profonda: il bambino Gesù che giaceva in loro come addormentato per la loro trascuratezza, riprese vita e tornarono a fare esperienza della tenerezza di Dio nelle loro esistenze. A conferma di tutto ciò, un nobile presente, Giovanni Velita, della cittadina di Celano, che aveva aiutato Francesco nei preparativi, ebbe una visione: vide Francesco che tirava su dalla mangiatoia e abbracciava il bambino Gesù.
Da questa esperienza straordinaria è nata la devozione e la pratica del presepe, che i frati francescani nei secoli hanno diffuso in tutto il mondo.
Il presepe ci parla della tenerezza del Signore Gesù verso l’umanità e ci spinge a riconoscerlo in coloro che sono accanto a noi, soprattutto in chi è difficoltà o è provato dalla vita.
Anche quest’anno noi frati, qui ad Assisi, nella Basilica che custodisce i resti mortali di Francesco, da lui ispirati e per la grazia di Dio, desideriamo rivivere insieme a te la tenerezza e la bellezza dell’amore di Dio fattosi uno di noi in Gesù. Tenerezza dei gesti e bellezza dell’arte andranno mano nella mano: se vuoi unirti a noi, sei il benvenuto, sei la benvenuta!
Se si guarda da lontano il lavoro degli scultori Filip Moroder Doss e Thomas Comploi, si sviluppa una forza straordinaria che proviene da tre diverse fonti. Il bambino Gesù al centro dei due genitori e al centro di tutte le figure forma una vera e propria pupilla di un grande occhio, che attraverso i gruppi di figure viene costruito a forma di mani. I due artisti hanno realizzato un'opera contemporanea che può essere letta in senso iconografico classico, ma che allo stesso tempo presenta il mistero della nascita in un modo del tutto nuovo.